10 de dezembro de 2009

La Peste a Venezia nel XVI secolo



Nel XVI secolo, se dal punto di vista politico la città di Venezia stava perdendo il suo ruolo centrale, dal punto di vista demografico era in continua espansione: coi suoi 175.000 abitanti, era una delle città più popolose del mondo. Dal punto di vista culturale era una delle capitali europee, dove pittori, scultori, architetti e letterati rispondevano al nome di Tiziano, Tintoretto, Veronese, i Bassano, Palladio, Sansovino, Pietro Aretino, Galileo Galilei. La vivacità culturale era resa possibile da una notevole libertà di pensiero, che faceva sì che molti intellettuali stranieri perseguitati trovassero nella Serenissima una seconda patria. Questo prima dell'infuriare del terribile morbo della peste. Nel triennio 1575-1577 la Serenissima fu scossa dal flagello della peste: favorito dall'altissima concentrazione di abitanti, il morbo serpeggiò a lungo e inflisse delle perdite gravissime, con una recrudescenza drammatica nei mesi estivi del secondo anno. Le vittime furono quasi 50.000, più di un terzo dei suoi abitanti. Il morbo si diffuse principalmente tra le classi povere, a causa di una più diffusa promiscuità e di un tenore di vita precario. All'inizio la gravità del fenomeno fu minimizzata, ma con l'imperversare della pestilenza il governo dovette adottare misure igienico-sanitarie molto restrittive: creò lazzaretti, fece seppellire i morti con la calce, sequestrò case o addirittura interi quartieri, disciplinò i contatti con l'esterno, riuscendo a mantenere in vita le istituzioni. Durante la pestilenza si aggiravano per le calli di Venezia due figure particolari, che avevano a che fare con la malattia: il medico e il pizzicamorti. Il medico era esposto fortemente al rischio del contagio e doveva prendere molte precauzioni: era coperto di una veste nera, probabilmente di tela cerata, ben profumata di bacche di ginepro. Il pizzicamorti era invece il becchino, anche lui protetto da una casacca di tela incatramata e spessi guanti, cui spettava l'ingrato compito di trasportare i cadaveri degli appestati e bruciarli. Portava guanti e una maschera che copriva il viso e i capelli con un caratteristico naso adunco che conteneva aromatici antidoti, avvertiva della sua presenza facendo tinnire i campanelli di bronzo che portava alle caviglie. Il Senato, il 4 settembre 1576, deliberò che il Doge dovesse pronunciare il voto di erigere una chiesa dedicata al Redentore, affinché lo stesso intercedesse per far finire la pestilenza. Ogni anno la città si sarebbe impegnata a rendere onore alla basilica, il giorno in cui fosse pubblicamente dichiarata libera dal contagio, a perpetuo ricordo del beneficio ottenuto. Il 3 maggio 1577, a peste non ancora ufficialmente debellata, fu posta la prima pietra e il tempio votivo, opera di Palladio, fu consacrato nel 1592 (12 anni dopo la morte del celebre architetto). La facciata è caratterizzata da quattro gigantesche colonne che reggono un grande timpano triangolare e sembra essere su tre piani sovrapposti. L'interno è nello stesso tempo solenne e semplice, con pianta a croce latina.
Il 13 luglio 1577 la pestilenza fu dichiarata definitivamente debellata, e si decise, dunque, di festeggiare la liberazione dalla peste la terza domenica del mese di luglio. All'aspetto religioso della celebrazione si affiancò subito l'aspetto di festa popolare, momento liberatorio dopo tanta tristezza. Per attraversare il Canale della Giudecca e per consentire il transito della processione, già nel primo anno fu allestito un imponente ponte di barche, elemento caratterizzante della festività. Attorno al ponte e al tempio votivo il vociare di gente festante e gioiosa, a piedi o in barche riccamente addobbate, conferiva alla festa anche un aspetto profano, dove alla devozione popolare si accompagnavano piacere e divertimento. Era una notte di veglia, la "notte famosissima", che si concludeva solo con l'arrivo dell'alba.

Fonte: Arquivos da La Piave FAINORS

8 de dezembro de 2009

Venezia e l´Islam 828-1797 - Mille anni di storia




622. Ha inizio l’era musulmana con l’egira (spostamento, migrazione) del profeta Maometto da Mecca a Yathrib (Medina). Il profeta vi morirà dieci anni dopo e l’espansione a occidente (in Europa), a oriente (ai confini dell’India), oltre che sul bacino del Mediterraneo, sarà rapidissima, comprendendo ben presto (638) anche la Terra Santa.


697. Venezia, avamposto dell’impero bizantino, nomina il suo primo Doge, Paoluccio Anafesto.


827. Sbarco dei Musulmani a Mazara (Sicilia): la dominazione dell’isola durerà dal 902 al 1060.


828/829. Appropriazione da parte dei veneziani delle presunte reliquie di San Marco trafugate ad Alessandria d’Egitto. Costruzione di un primo palazzo ducale e della cappella di San Marco. Venezia estende la propria influenza sulla Dalmazia. IX-X secolo. La flotta veneziana combatte i corsari saraceni nell’Adriatico. Primi trattati tra sovrani musulmani dell’Africa del Nord, Siria, Egitto e la Serenissima.


1063-1094. Costruzione della terza basilica di San Marco (l’attuale) con l’impiego di maestranze bizantine


1082. Crisobolla (bolla d’oro) dell’imperatore bizantino che concede a Venezia privilegi commerciali sulle rotte d’oriente.


1099. Prima crociata: presa di Gerusalemme.


1104. A Venezia, inizio della costruzione dell’Arsenale. I veneziani installano fondaci a Gerusalemme, Alessandria, Acri, Beirut, Aleppo, Damasco, Tabriz. Sviluppo dell’arte vetraria a Venezia.


1171-1260. Salah al-Din Ayyub (Saladino) mette fine al califfato fatimide in Egitto. Dal 1174 regno degli Ayyubidi sul Vicino Oriente arabo.


1187. Il Saladino riconquista Gerusalemme. 1204. Quarta crociata e sacco di Costantinopoli. La celebre quadriga in bronzo viene installata sulla facciata della Basilica di San Marco.


1207-1231. Trattati commerciali tra Venezia e il sultanato di Aleppo e i regni di Tunisia, Tripolitania, Cabilia (Algeria); colonie veneziane ad Alessandria.


1250. Fondazione della dinastia mamelucca che estende la sua autorità sull’Egitto e sulla Siria.


1261. Riconquista di Costantinopoli da parte di Michele Paleologo e cacciata dei veneziani.


1280-1324. Il sultano Osmân I fonda la dinastia ottomana. 1291. I Mamelucchi cacciano gli ultimi crociati (e i veneziani) da Acri.


1326-1344. Embargo del pontefice sul commercio con l’Egitto. Metà del XIV secolo. Apertura progressiva delle linee di navigazione delle galere verso l’Oriente (Alessandria e Beirut).


1347-1348. Carestia e peste nera. 1388. Trattato commerciale tra Venezia e i Turchi.


1346-1371. I Turchi si insediano in Europa (Tracia) e fondano la loro nuova capitale a Edirne (Adrianopoli).


1375. Consoli veneziani ad Alessandria, al Cairo, a Damasco e a Beirut.


1402. Sconfitta ottomana ad opera di Tamerlano. 1404. Venezia si espande verso la Terraferma. 1409. Venezia conquista la Dalmazia.


1442. Trattati commerciali tra Venezia e il sultano Mamelucco.


1421-1444. Mûrad II ristabilisce lo Stato ottomano, annette la Serbia, conquista la Morea e arricchisce la capitale.


1444-1481. Regno di Maometto II il Conquistatore.


1453. Presa di Costantinopoli e fine dell’Impero Bizantino. Nel ’58 il sultano stabilisce la propria capitale nella città conquistata che diventa Istanbul.


1460-1479. Gli ottomani conquistano le rive del mar Nero e le isole dell’Egeo.


1471. Il veneziano Caterino Zen ambasciatore in Persia per un’alleanza antiturca.


1473. Venezia inizia il secondo ampliamento dell’Arsenale (Arsenale nuovissimo). Prospera il commercio in particolare con Alessandria.


1479. Il pittore veneziano Gentile Bellini è inviato a Istanbul per ritrarre Maometto II.


1482. Nuovi trattati tra Venezia e i Turchi.


1485-1491. Guerra tra i mamelucchi e gli ottomani.


1489. Cipro diventa veneziana.


1499. Artisti veneti tra cui Cima da Conegliano e Giovanni Mansueti dipingono scene della vita di San Marco ad Alessandria per la chiesa dei Crociferi e la Scuola Grande di San Marco


1499-1502. I veneziani perdono possedimenti greci (Methoni).


1501. Avvicendamento della dinastia Safavide in Persia (Shah Ismâ’îl I (1501-1524). 1507. Trattato commerciale tra Venezia e il sultano d’Egitto.


1508. Lega di Cambrai (il Papa Giulio II, il re di Francia Luigi XII, l'imperatore Massimiliano I d’Austria e il re Ferdinando II d'Aragona) contro Venezia.


1509. Disfatta veneziana a Agnadello e perdita della Terraferma.


1516. Vittoria degli Ottomani sui Mamelucchi; occupazione di Siria, Palestina, Egitto.


1538. Battaglia navale di Prevesa. Supremazia turca sul mare. 1520-1566. Regno di Solimano il Legislatore (Solimano il Magnifico).


1534. Occupazione ottomana di Bagdad, il mondo arabo passa sotto la dominazione ottomana. Metà del XVI secolo. Gli Ottomani controllano tutte le rotte carovaniere in Oriente; i mercanti veneziani continuano a frequentare assiduamente Alessandria.


1566. Morte di Solimano, apogeo dell’impero ottomano che si estende dall’Austria al golfo persico. 1570. Conquista ottomana di Cipro.


1571. Battaglia di Lepanto (7 ottobre) ; sconfitta ottomana.


1575-1577. Grande peste a Venezia e voto di erigere la chiesa del Redentore. Fine del XVI secolo. Prospero Bonarelli scrive Solimano, dramma storico.


1593-1606. Guerra ottomana contro gli Asburgo.


1603. Il sovrano safavide Shah ‘Abbas I di Persia manda a Venezia un emissario per discutere del comune problema degli Ottomani.


1621. La Repubblica di Venezia assegna ai Turchi il Fondaco nel palazzo veneto-bizantino sul Canal Grande già appartenuto alla famiglia Pesaro.


1630-1631. Ultima epidemia di peste a Venezia, seguita dalla costruzione della chiesa della Salute. 1645-1669. Guerra di Creta, pace siglata a Candia.


1683-1699. La guerra della Lega Santa contro l’Impero ottomano provoca l’arretramento turco. 1694. Francesco Morosini Peloponnesiaco riconquista la Morea.


1714-1718. Nuova guerra Venezia/Impero ottomano- perdita della Morea. Pace di Passarowitz (1718).


1797. Fine della Repubblica Veneziana. Enezia e LMille anni di storia

______________________________________________________


622. Ha inizio l’era musulmana con l’egira (spostamento, migrazione) del profeta Maometto da Mecca a Yathrib (Medina). Il profeta vi morirà dieci anni dopo e l’espansione a occidente (in Europa), a oriente (ai confini dell’India), oltre che sul bacino del Mediterraneo, sarà rapidissima, comprendendo ben presto (638) anche la Terra Santa.


697. Venezia, avamposto dell’impero bizantino, nomina il suo primo Doge, Paoluccio Anafesto. 827. Sbarco dei Musulmani a Mazara (Sicilia): la dominazione dell’isola durerà dal 902 al 1060.


828/829. Appropriazione da parte dei veneziani delle presunte reliquie di San Marco trafugate ad Alessandria d’Egitto. Costruzione di un primo palazzo ducale e della cappella di San Marco. Venezia estende la propria influenza sulla Dalmazia. IX-X secolo. La flotta veneziana combatte i corsari saraceni nell’Adriatico. Primi trattati tra sovrani musulmani dell’Africa del Nord, Siria, Egitto e la Serenissima.


1063-1094. Costruzione della terza basilica di San Marco (l’attuale) con l’impiego di maestranze bizantine


1082. Crisobolla (bolla d’oro) dell’imperatore bizantino che concede a Venezia privilegi commerciali sulle rotte d’oriente. 1099. Prima crociata: presa di Gerusalemme.


1104. A Venezia, inizio della costruzione dell’Arsenale. I veneziani installano fondaci a Gerusalemme, Alessandria, Acri, Beirut, Aleppo, Damasco, Tabriz. Sviluppo dell’arte vetraria a Venezia.


1171-1260. Salah al-Din Ayyub (Saladino) mette fine al califfato fatimide in Egitto. Dal 1174 regno degli Ayyubidi sul Vicino Oriente arabo.


1187. Il Saladino riconquista Gerusalemme.


1204. Quarta crociata e sacco di Costantinopoli. La celebre quadriga in bronzo viene installata sulla facciata della Basilica di San Marco.


1207-1231. Trattati commerciali tra Venezia e il sultanato di Aleppo e i regni di Tunisia, Tripolitania, Cabilia (Algeria); colonie veneziane ad Alessandria.


1250. Fondazione della dinastia mamelucca che estende la sua autorità sull’Egitto e sulla Siria.


1261. Riconquista di Costantinopoli da parte di Michele Paleologo e cacciata dei veneziani.


1280-1324. Il sultano Osmân I fonda la dinastia ottomana.


1291. I Mamelucchi cacciano gli ultimi crociati (e i veneziani) da Acri.


1326-1344. Embargo del pontefice sul commercio con l’Egitto. Metà del XIV secolo. Apertura progressiva delle linee di navigazione delle galere verso l’Oriente (Alessandria e Beirut). 1347-1348. Carestia e peste nera.


1388. Trattato commerciale tra Venezia e i Turchi.


1346-1371. I Turchi si insediano in Europa (Tracia) e fondano la loro nuova capitale a Edirne (Adrianopoli). 1375. Consoli veneziani ad Alessandria, al Cairo, a Damasco e a Beirut.


1402. Sconfitta ottomana ad opera di Tamerlano.


1404. Venezia si espande verso la Terraferma.


1409. Venezia conquista la Dalmazia.


1442. Trattati commerciali tra Venezia e il sultano Mamelucco.


1421-1444. Mûrad II ristabilisce lo Stato ottomano, annette la Serbia, conquista la Morea e arricchisce la capitale.


1444-1481. Regno di Maometto II il Conquistatore.


1453. Presa di Costantinopoli e fine dell’Impero Bizantino. Nel ’58 il sultano stabilisce la propria capitale nella città conquistata che diventa Istanbul.


1460-1479. Gli ottomani conquistano le rive del mar Nero e le isole dell’Egeo.


1471. Il veneziano Caterino Zen ambasciatore in Persia per un’alleanza antiturca.


1473. Venezia inizia il secondo ampliamento dell’Arsenale (Arsenale nuovissimo). Prospera il commercio in particolare con Alessandria.


1479. Il pittore veneziano Gentile Bellini è inviato a Istanbul per ritrarre Maometto II.


1482. Nuovi trattati tra Venezia e i Turchi.


1485-1491. Guerra tra i mamelucchi e gli ottomani. 1489. Cipro diventa veneziana.


1499. Artisti veneti tra cui Cima da Conegliano e Giovanni Mansueti dipingono scene della vita di San Marco ad Alessandria per la chiesa dei Crociferi e la Scuola Grande di San Marco


1499-1502. I veneziani perdono possedimenti greci (Methoni).


1501. Avvicendamento della dinastia Safavide in Persia (Shah Ismâ’îl I (1501-1524).


1507. Trattato commerciale tra Venezia e il sultano d’Egitto.


1508. Lega di Cambrai (il Papa Giulio II, il re di Francia Luigi XII, l'imperatore Massimiliano I d’Austria e il re Ferdinando II d'Aragona) contro Venezia.


1509. Disfatta veneziana a Agnadello e perdita della Terraferma. 1516. Vittoria degli Ottomani sui Mamelucchi; occupazione di Siria, Palestina, Egitto.


1534. Occupazione ottomana di Bagdad, il mondo arabo passa sotto la dominazione ottomana. Metà del XVI secolo. Gli Ottomani controllano tutte le rotte carovaniere in Oriente; i mercanti veneziani continuano a frequentare assiduamente Alessandria.


1538. Battaglia navale di Prevesa. Supremazia turca sul mare. 1520-1566. Regno di Solimano il Legislatore (Solimano il Magnifico).


1566. Morte di Solimano, apogeo dell’impero ottomano che si estende dall’Austria al golfo persico.


1570. Conquista ottomana di Cipro.


1571. Battaglia di Lepanto (7 ottobre) ; sconfitta ottomana.


1575-1577. Grande peste a Venezia e voto di erigere la chiesa del Redentore. Fine del XVI secolo. Prospero Bonarelli scrive Solimano, dramma storico.


1593-1606. Guerra ottomana contro gli Asburgo. 1603. Il sovrano safavide Shah ‘Abbas I di Persia manda a Venezia un emissario per discutere del comune problema degli Ottomani.


1621. La Repubblica di Venezia assegna ai Turchi il Fondaco nel palazzo veneto-bizantino sul Canal Grande già appartenuto alla famiglia Pesaro.


1630-1631. Ultima epidemia di peste a Venezia, seguita dalla costruzione della chiesa della Salute.


1645-1669. Guerra di Creta, pace siglata a Candia.


1683-1699. La guerra della Lega Santa contro l’Impero ottomano provoca l’arretramento turco.


1694. Francesco Morosini Peloponnesiaco riconquista la Morea.


1714-1718. Nuova guerra Venezia/Impero ottomano- perdita della Morea. Pace di Passarowitz (1718).


1797. Fine della Repubblica Veneziana.




11 de novembro de 2009

Basilica di San Marco - Veneza


A derrota da frota de Pepino, rei dos Francos, na laguna vêneta, no ano de 810 pode ser considerado o marco decisivo da fundação do Estado Veneziano. Tão logo passou o perigo o doge Agnello Partecipazio transferiu a sede do governo para uma ilha no centro da laguna, chamada de Rivoalto, onde já se refugiava grande número de vênetos que escaparam dos centros invadidos pelos Francos. A lenda nos conta que dois comerciantes vênetos se apropriaram dos restos mortais do evangelista Marco, retirado secretamente da Alexandria, onde estava enterrado e transladado por mar até Veneza no ano de 828, no período de governo do doge Giustiniano. Esses espólios do santo foram inicialmente conservados em uma capela do próprio palácio ducal onde vivia o doge e onde também funcionava a sede do governo. Em honra ao santo, que passou a ser o patrono da cidade de Veneza em substituição a S. Teodoro, foi construída uma igreja ao lado do palácio do doge, chamada posteriormente de Basílica de S. Marco, sendo consagrada no ano de 832 por Orso Partecipazio, bispo de Olivolo. No ano 976 ela foi destruída, juntamente com inúmeras casas, em um grande incêndio provocado por tumultos populares em protesto à tirania do doge Pietro Candiano IV. Foi rapidamente restaurada no prazo de dois anos, embelezada com revestimentos de mármore e decorações, pelo sucessor doge Pietro Orseolo, conhecido pelo apelido de “O Santo”. Esta nova basílica, muito mais rica e decorada foi consagrada no ano de 978, passando de uma capela privada do doge para uma grande igreja do Estado. Com o passar dos anos, devido à necessidade de mais espaço em seu interior ela e a outra vizinha consagrada a São Teodoro foram demolidas. No local a partir de 1063 ela foi reconstruída pelo doge Domenico Contarini, dando lugar a uma só construção, de maiores dimensões, que seguia o modelo da Basílica de Constantinopla, com aproximadamente as mesmas linhas arquitetônicas da atual: construção em cruz grega com cindo cúpulas sustentadas por quatorze pilastras. A parte de construção foi concluída no ano de 1071. Durante o governo do doge Domenico Selvo foi dado início da colocação de revestimentos e ornamentos em mármore, além dos famosos mosaicos, os quais continuaram a ser trabalhados por mais trezentos anos. O edifício foi solenemente consagrado em 08 de outubro de 1094 durante a visita do Imperador Henrique IV. Entre as maiores relíquias que ela guarda citamos a Pala d´Oro que adornava o altar maior, mandada confeccionar em Bizâncio pelo doge Ordelaffo Falier, a qual foi concluída em 1105. Aos poucos esta Pala foi sendo acrescida de mais ornamentos finos e pedras preciosas, transformando-se nos governos seguintes doges Pietro Ziani (1209) e Andrea Dandolo (1343/1354). Depois da IV Cruzada foram colocados na fachada da Basílica os quatro belíssimos cavalos de bronze trazidos de Constantinopla. Cada governo seguinte, com o acréscimo de novas construções, ornamentos e decorações foi tornando a Basílica na grandiosidade artística que conhecemos hoje. A Capela Ducal, Igreja de Estado e paróquia durante a Sereníssima Republica de Veneza contava para a sua administração com um Capitulo de doze canônicos presididos pelo Primicerio, o qual tinha privilégios de abade, enquanto que a cura das almas estava a cargo de dois canônicos, chamados “sacrestani”. A sua administração, o financiamento de tudo que era necessário para o funcionamento e manutenção do edifício, era providenciado pelo doge e por dois procuradores, os quais gozavam de alto prestigio na República. Todos os trabalhos de construção e restauro eram projetados e dirigidos por um arquiteto, conhecido como “Proto”, cargo que no decorrer dos séculos foi exercido por figuras do porte de Giorgio Spavento, Iacopo Sansovino e Baldassare Longhena. A Capella Musicale di San Marco gozava de grande prestigio, tendo as suas custas um maetro responsável, grande número de cantores e músicos. A partir do ano de 1613 Cláudio Monteverdi foi seu maestro por mais de trinta anos.

Fonte: Arquivo da Federação Vêneta La Piave FAINORS
Dr. Luiz Carlos B. Piazetta
Erechim RS Brasil

3 de novembro de 2009

A Peste Negra em Veneza



A Peste Negra ou peste bubônica é uma doença transmitida pelas pulgas que infestam os ratos e, por ocasião e uma grande mortandade destes roedores, elas atacam os seres humanos. Esta doença de rápida propagação causou várias pandemias no decorrer da história. No passado Veneza foi atingida por inúmeras epidemias de peste, mais de 69 vezes entre os anos de 954 e 1793, apesar de um sistema avançado de controle sanitário. No entanto, as duas grandes epidemias de peste que ceifaram a vida de milhares de pessoas foram aquelas que deram origem às igrejas do Redentor e a Igreja de S. Maria della Salute, erigidas em agradecimento após o término das epidemias de 1575/1577 e aquela de 1630/1631 respectivamente. Na primeira a população da cidade, estimada em 195.000 pessoas, passou para 135.000 com a morte de aproximadamente 60.000 pessoas. Na segunda a população foi reduzida de 142.000 habitantes para 100.000 com a morte de 42.000 pessoas. Os enfermos eram tratados às custas do Estado isolados em uma ilha chamada de Lazzaretto, nas vizinhanças da cidade.

Fonte:
Arquivos da Federação Vêneta La Piave FAINORS
Dr. Luiz Carlos B. Piazzetta
Erechim RS Brasil


Liga de Cambrai



No ano de 1509 a próspera Sereníssima República de Veneza era invejada pelas outras potências européias, que se uniram para destruí-la e apoderar-se de suas riquezas. Em 10 de Dezembro de 1508 formaram a coalizão contra Veneza com o estímulo do Papa Júlio II: o Reino da França, o Império dos Habsburgos, a Coroa da Espanha com Fernando de Aragon (Reinos de Nápoles e da Sicília), o Ducado de Ferrara, o Marquesado de Mantova, o Reino Pontifício, o Reino da Hungria e o Ducado de Savoia. Para enfrentar esse formidável exército a República de Veneza com imensos esforços reagiu formando um grande exército jamais até então visto na península italiana. Mesmo assim na Batalha de Agnadello, nas proximidades de Cremona, em 14 de Maio de 1509, Veneza foi derrotada e também a frota veneziana foi vencida na Batalha de Polesella. As cidades vênetas localizadas na terra-firme foram invadidas, com os nobres entregando ao inimigo a maior parte das cidades. A cidade de Treviso desde o início recusou a se entregar aos invasores. O mesmo se deu com Udine resolveu ficar do lado da Sereníssima. Rebeliões populares de resistência aconteceram e vários locais. Veneza colocou o condottiere Gritti como comandante dos seus exércitos e fez um grande esforço para sustentar o esforço de guerra conseguindo doações de tesouros particulares e também do estado. Gritti reagrupou as tropas venetas e partiu para a reconquista de Padova. A seguir com o auxílio da sua habilíssima diplomacia conseguiu quebrar a aliança que existia entre os seus inimigos, fazendo a desistência do Papa Júlio II que passou a combater a França, criando a Liga Santa junto com a Espanha e Sacro Império Romano. Assim, aos poucos, A Sereníssima República de Veneza foi recuperando todos os seus antigos domínios tendo combatido a Liga de Cambrai até o ano de 1511.

Fonte: Arquivos da Federação Vêneta La Piave FAINORS
Dr. Luiz Carlos B. Piazzetta
Erechim RS Brasil

31 de outubro de 2009

La vera storia Veneta




Cartone rigorosamente in lingua Veneta, proprio quella che non si trova sui libri di scuola, racconta in poco più di un quarto d’ora, circa 3.000 anni di storia, contà da “Dino da Sandrà”.

La grande storia dei Veneti - Parte Prima

http://www.youtube.com/watch?v=ZL5tfP72Tno

La grande storia dei Veneti - Parte Seconda

http://www.youtube.com/watch?v=eMMuedMrCl8



Fonte: Raixe Venete

25 de outubro de 2009

Os Vênetos na Batalha de Lepanto em 07.10.1571



No período entre os anos 1499 e 1503 os Turcos ocuparam várias bases vênetas no Mediterrâneo, ao sul do Peloponeso, dando início a uma série de guerras entre os Venezianos e os Turcos que durou séculos. Enquanto os Turcos tomavam a Algéria, os Venezianos 10 anos antes, com hábil trabalho diplomático, já tinham se apoderado da ilha de Chipre. Os Venezianos concederam em casamento a patrícia Caterina Corner para o rei de Chipre. Após a morte deste a viúva foi declarada filha da República Vêneta, a qual após abdicar a ilha passou para as mãos dos Venezianos em 1488. Em Fevereiro de 1570 o embaixador da Sublime Porta Otomana enviou uma intimação ao Grande Conselho da Sereníssima impondo a entrega de Chipre para os Turcos. Uma parte do teor dessa intimação dizia: " Exigimos Chipre por bem ou pela força. E cuidem-se ao irritar a nossa terrível espada, caso contrário moveremos uma crudelissima guerra por todos os lados; também não confiem na riqueza do vosso tesouro, porque faremos de modo que ele fuja da vossas mãos como uma torrente... ". Para essa intimação o Doge Pietro Loredan respondeu com desdem: "... a justiça dará a espada para defender os nossos direitos e Deus a sua santa ajuda para resistir com razão à força e com a força à vossa injusta violência". A República de Veneza preparou um grande exército mas, não tinha a intenção de desafiar o Império Otomano, naquela época no apogeu da sua força. Pediu então ajuda do Reino da Espanha e do Papa que formaram uma coalisão de países cristãos. Enquanto essa frota era organizada, os Turcos atacaram Chipre com uma força de 80 mil homens. Os defensores das fortalezas locais que sobreviveram ao ataque foram trucidados ou deportados como escravos. Em um só dia na Fortaleza de Nicósia as baixas chegaram a 15 mil homens. Em 22 de Setembro de 1570 os Turcos, apesar dos esforços dos defensores, comandados por Marco Antonio Bragadin, a última fortaleza, de Famagosta, foi completamente cercada por um exército de 200 mil homens por terra, 1500 canhões e uma frota de 150 navios de guerra. Depois de meses de cerco finalmente a fortaleza caiu e o seu comandante preso e torturado, com a retirada da sua pele quando ainda estava com vida. No fim de Agosto de 1571 as duas frotas de encontraram em batalha, tendo a frota aliada 320 navios de guerra a armada turca 270 galeras e um grande número de barcos menores. No dia 07 de Outubro de 1571, nas costas de Lepanto, teve início a grande batalha naval do mesmo nome. A esquadra vêneta era comandada por Sebastiano Venier e a frota alida tinha no comando Giovanni da Áustria. Após cinco horas de batalha, a frota cristã aliada já tinha perdido 7 mil homens, dos quais 4,8 mil eram Venezianos, 2 mil espanhóis, oitocentos da armada papal. Os Turcos por sua vez viram sua armada ser destruída e perderam 25 mil homens mortos e 3 mil prisioneiros.

Fonte: Arquivos da La Piave FAINORS Federação Vêneta
Dr. Luiz Carlos B. Piazetta
Erechim RS Brasil

24 de outubro de 2009

A Justiça na Sereníssima República de Veneza


A Justiça em Veneza, na época da Sereníssima República, era exercida de modo exemplar e se transformou em um dos seus grandes mitos. Aos acusados era dada oportunidade de defesa e usava o mesmo rigor no caso em que eles pertencessem à classe dirigente. A inexorabilidade e a eficácia dos órgãos da justiça vêneta de então permitiram conter a criminalidade. No período compreendido entre os anos de 1300 e 1797, portanto em quase quinhentos anos, as condenações à morte foram em número de 1279, ou aproximadamente de duas ao ano. Trata-se de um número pequeno em relação ao que acontecia nesse mesmo período no resto da Europa. A pena mais severa depois da de morte era a de exílio, expulsão dos domínios da República de Veneza. Se o criminoso era condenado aos trabalhos forçados significava que era embarcado nas galeras como remador, os chamados de "galeotto". Nas prisões da Sereníssima existiam os famigerados "piombi", assim denominadas as prisões revestidas de placas de chumbo que cobriam o seu teto, como nas prisões do Palazzo Ducale. Os Doges deviam ser responsáveis e administrar com honestidade a Sereníssima República de Veneza. Os que não agiram corretamente foram executados como foi o caso do Doge Marino Falier que articulou um plano para impor um poder absoluto em Veneza contra o Governo Colegiado vigente. Julgado foi condenado por alta traição e decapitado no pátio do Palazzo Ducale, em execução reservada com as portas fechadas. A justiça da República tinha força para permitir a punição e até a decapitação do seu líder máximo. Quando assumiam o cargo os doges deviam jurar fidelidade e honestidade à República, não devendo fazer do cargo trampolim para poder pessoal ou para enriquecimento particular. Os doges não deviam se considerar senhores de Veneza, mas somente como chefes da República, ou melhor deviam se considerar os servos honorários desta e submeter-se às mesmas leis vigentes como qualquer outro cidadão comum.

Fonte: Arquivos da La Piave FAINORS Federação Vêneta
Dr. Luiz Carlos B. Piazzetta
Erechim RS Brasil

Processo de Escolha de um Doge


A escolha de um novo Doge implicava em um complicado processo eleitoral que visava, através da eleição e da sorte, evitar acordos e apoios partidários, em benefício de uma escolha a mais neutra e democrática possível. Assim em reunião especial do Conselho Maior, formado por nobres patrícios, ou seja, somente pessoas nascidas em Veneza, que tinham exercidos cargos relevantes nos decênios anteriores, eram primeiramente apontados trinta dos seus membros que depois, por sorteio, seriam reduzidos a somente nove. Estes se reuniam e elegiam outros quarenta membros desse conselho maior (Maggior Consiglio). Por sua vez desses quarenta membros escolhidos eram extraídos ao acaso doze deles, os quais elegiam outros vinte e cinco membros, sempre do mesmo conselho, que por sua vez eram reduzidos a nove. Esses últimos nove membros escolheriam outros quarenta e cinco nomes que seriam reduzidos outra vez para somente onze. Esses onze membros nomeariam quarenta e um nomes, sendo que o futuro Doge seria designado um desses quarenta e um nomes.

Fonte: Arquivos da La Piave FAINORS Federação Vêneta
Dr. Luiz Carlos B. Piazzetta
Erechim RS Brasil

18 de outubro de 2009

Os Vênetos e os Cavalos



Conhecidos na antiguidade pela criação e comércio de ótimos cavalos, os Vênetos foram citados por escritores e poetas gregos, entre eles Aristóteles, justamente por esta particularidade. Existe assim uma aproximação de amor muito forte entre o Povo Vêneto e os cavalos, sua criação e apuração genética que pode ser avaliada pela antiga Feira do Cavalo de Verona. Esta importante feira realizada em Verona tem uma história de mais de 1000 anos sendo até hoje uma das maiores do mundo na exposição e comercialização de cavalos de várias raças, visitada anualmente por milhares de pessoas de todo o mundo. A história nos conta que a Feira do Cavalo de Verona nasceu há mais de 1000 anos por ocasião da procissão de S. Zeno, o santo patrono da cidade.

Fonte: Arquivos da La Piave FAINORS Federação Vêneta
Dr. Luiz Carlos B. Piazzetta
Erechim RS

16 de outubro de 2009

Os Vênetos Povo do Âmbar



Desde os tempos mais remotos o comércio foi uma das atividades principais do povo Vêneto. Na antiguidade, o conhecido escritor e filósofo grego Aristóteles, se refere aos Vênetos como o povo do âmbar. Relata que além de comercializarem cavalos, dos quais eram conhecidos como hábeis criadores, os Vênetos também negociavam o âmbar com inúmeros outros povos, entre os quais os Gregos. O âmbar é uma resina fóssil, em estado sólido, formado de uma espécie extinta de pinheiro, encontrado e extraído na região do Mar Báltico e também na antiga Prússia. É muito comum encontrar insetos fossilizados no interior de uma peça de âmbar. Tem a cor característica amarelo-pálida ou acastanhada, transparente, conhecida também como cor âmbar. Na época o âmbar era uma substância muito rara e valiosa. Era usado para fazer objetos de adorno, tinha propriedades curativas e mágicas e na antiguidade também simbolizava prosperidade. Uma vez fricionada uma peça de âmbar tem a propriedade de atrair objetos leves de algodão ou palha, devido a eletricicade estática produzida. Os gregos a denominavam de Elektron, que mais tarde veio originar o nome eletrecidade.

Fonte: Arquivos da La Piave FAINORS Federação Vêneta
Dr. Luiz Carlos B. Piazzetta
Erechim RS

22 de março de 2009

Canal Grande de Veneza em vídeo







http://www.youtube.com/watch?v=Gg_8XFVWYPM

Fonte: La Piave FAINORS Federação Vêneta
Erechim RS Brasil

Veneza do século XVIII na visão de Francesco Guardi





Video com obras de Francesco Guardi, outro importante pintor vêneto que retratou com precisão a cidade de Veneza do século XVIII.


Fonte: La Piave FAINORS Federação Vêneta
Erechim RS Brasil

Veneza na ótica do "fotógrafo" Canaletto




Imagens de Veneza através de vídeos feitos com imagens de quadros do pintor vêneto Antonio Canal, mais conhecido por Canaletto.

La Piave FAINORS Federação Vêneta
Erechim RS

26 de fevereiro de 2009

Gli Schei

In tutto il Veneto, con il termine schei, vengono indicati, ormai da molti anni, i soldi in generali, fin dal tempo in cui il Lombardo-Veneto si trovava sotto la dominazione austrica. In quell´epoca erano in circolazione le lire italiane e la moneta austriaca, cui sostituirono lo “zechin” che era la moneta della Repubblica Veneta. Il centesimo della lira italiana si chiamava nel veneto di “centesimin” e quello austriaco, di valore um po’ inferiore, veniva chiamato “scheo”. Il termo ha avuto origine dal fatto che sui centesimi austriaci era coniata la dicitura “Scheidemünze”. Con la dificultà di pronunciare bene questa parola straniera i veneti soltanto leggevano l´inizio della dicitura, cioè “schei”, per indicare il plurale e “scheo” per il singolare. Il termine si è affermato nella lingua veneta per indicare denaro.
_________________________________________________________
_________________________________________________________

Em todo o Vêneto, o termo “schei”, era usado há muitos anos, para denominar o dinheiro em geral, desde o tempo em que a Lombardia e Vêneto se encontravam sob a dominação austríaca. Naquela época estavam em circulação as liras italianas e a moeda austríaca, as quais substituíram o “zechin” que era a moeda da República de Veneza. O centésimo de lira se chamava “centesimin” e da moeda austríaca, que tinha um valor um pouco inferior, se chamava “scheo”. Este termo teve origem pelo fato que sobre os centésimos austríacos estava cunhada a inscrição “Scheidemünze”. Devido a dificuldade de pronunciarem bem esta palavra estrangeira, os vênetos somente liam o início da inscrição, isto é “schei”, usado para indicar o plural e “scheo” para o singular. O termo se firmou na língua veneta para indicar dinheiro em geral.

Fonte: Arquivos da La Piave FAINORS Federação Vêneta – Erechim RS
Dr. Luiz Carlos B. Piazzetta

24 de fevereiro de 2009

Calamidade no Vêneto da Sereníssima República de Veneza - ano 1779



Addì 10 maggio 1779

Sarà cosa grata a posteri il sapere che in quest’anno si è patita terribile siccità, non avendo mai piovuto ne nevicato dalli mesi novembre 1778 sino addì 10 aprile 1779 - ed ancora oggi ha piovuto lentamente per due o tre ore e non più, cosicché l’umidità tanto bramata non penetrò un solo dito. Tale inaudita siccità si è stesa per tutta l’Italia e persino in Polonia, a molti luoghi dell’Alemagna così pure in Francia e in Spagna. Li 27 aprile verificò una lentissima pioggia. Finalmente il 7 e 8 maggio è piaciuto alla Divina Provvidenza consolarci intieramente, avendo piovuto abbondantemente ove i nostri fiumi Brenta e Piave, che erano quasi dissecati con tanto danno alla navigazione e specialmente con l’essersi resi quasi affatto inefficienti tanti molini sopra medesimi, ciò che arrecava una totale miseria agli afflitti popoli circonvicini. Nelle nostre montagne, tante restarono dissecate, quasi tutte, con estrema desolazione di quegl’infelici popoli che penavano enormemente per dissetare sé stessi e i loro bestiami, persino di notte. Quei pochi, che portati di benigna Provvidenza del Cielo restarono provveduti del bramito liquido, erano sempre circondati di gente da lontani paesi conversa per raccoglierne sino la più minuta stilla. In un pubblico rapporto in data di Madrid, 27 marzo, si legge ciò che segue: “ in tutto questo Regno fanno delle pubbliche Devozioni per ottenere la pioggia, poiché da 7 interi mesi non è caduta una goccia di acqua, lo che ha cagionato infinite malattie e grandissima mortalità”.

Dia 10 de maio de 1779

Será gratificante aos que virão saber que neste ano sofremos terrível seca, não tendo chovido, nem nevado, desde o mês de novembro de 1778, apenas no dia 10 de abril de 1779 – e ainda hoje choveu muito pouco, por não mais de duas ou três horas, sendo que a tão esperada umidade não penetrou um só dedo no solo. Esta rara seca se estendeu por toda a Itália e também na Polônia, em muitos locais da Alemanha e até na França e Espanha. Ali em 27 de abril ocorreu uma breve chuva. Finalmente nos dias 7 e 8 de maio a Divina Providência quis nos consolar inteiramente, tendo chovido abundantemente em nossos rio Brenta e Piave, os quais estavam quase secos, causando tantos danos a navegação, especialmente pelo fato de tornar ineficientes tantos moinhos ao longo dos mesmos, acarretando uma grande miséria às aflitas populações circunvizinhas. Nas nossas montanhas, tantas ficaram secas, com seus habitantes na extrema desolação, sofrendo enormemente para satisfazer as necessidades de água para si e para o gado, buscando água inclusive a noite. Aqueles poucos escolhidos pela providência do céu, que conseguiam obter o esperado líquido, eram sempre circundados de pessoas provenientes de cidades longínquas, ansiosos para obter algumas gotas. Em um documento público de Madrid, com data de 27 de março, se le o que segue: “em todo este reino se fazem súplicas públicas para obter a chuva, pois a 7 inteiros meses não caiu uma gota de água, o que ocasionou muitas doenças e elevado número de mortos”.


Questo racconto originale, ci parla di una gran calamità accaduta tanti anni fa, nel secolo XVIII, già nel finale del potere della Serenissima Repubblica di Venezia, che marcò profondamente i nostri antenati e certamente ha concorso per creare una situazione di miseria cronica nel Veneto. Scritto originalmente in latino dal parroco d’allora, dovuto la sua importanza storica, cent’anni dopo fu tradotta in italiano antico e messa nel libro parrocchiale di 1877, dal Pe. Cristiano Cera, con una calligrafia fatta a pena e con degli errori grammaticali. Molte parole hanno avuto bisogno di traduzione per essere capite, eppure lasciamo alcuni sbagli che danno una idea dell’epoca. Questo documento è stato trovato un mese fa, nel libro parrocchiale della Parrocchia di San Marco, comune di Camposampiero, provincia e diocesi di Padova, e ci fu inviata dal nostro lettore Cezar Scolari, della città di Costantina (RS), che con perspicacia l’ha veduto e fatto una copia quando ricercava i registri di suoi antenati in quella parrocchia veneta. Scolari ancora ci racconta che questa parrocchia è dell’anno 1300 e li ci sono custodite dati e documenti dal 1470.


Este relato original, nos fala de uma grande seca acontecida tantos anos atrás, no século XVIII, já no final do poder da Sereníssima República de Veneza, que marcou profundamente os nossos antepassados e certamente concorreu para criar uma situação de miséria crônica no Vêneto. Escrito originalmente em latim pelo pároco de então, devido a sua importância histórica, cem anos após foi traduzido em italiano antigo (documento acima) e colocado no livro paroquial de 1877, pelo padre Cristiano Cera, com uma caligrafia feita pena e com alguns erros gramaticais. Muitas palavras necessitaram de tradução para serem compreendidas, entretanto deixamos alguns erros que dão uma idéia da época. Este documento foi encontrado a poucos anos atrás, nos livros da Paróquia de San Marco, município de Camposampiero, província e diocese de Padova, e nos enviada pelo nosso leitor Cezar Scolari, da cidade de Costantina (RS), o qual com perspicácia a viu e fez uma fotocópia, quando pesquisava os registros dos seus antepassados naquela paróquia vêneta. Scolari ainda nos contou que esta paróquia é do ano de 1300 e ali estão guardados dados e documentos desde o ano de 1470.

Fonte: Arquivos da La Piave FAINORS Federação Vêneta - Erechim RS
Dr. Luiz Carlos B. Piazzetta

A Pelagra no Vêneto



Esta é doença endêmica se fez notar inicialmente em algumas partes do Vêneto, ainda no final do século XVIII, para depois, rapidamente, se espalhar por quase todo o território. Em 1776, a autoridade responsável pela saúde da Sereníssima República de Veneza publicou um decreto em que dava conta dessa nova situação e alertava as autoridades, dizia: “Os efeitos perniciosos que poderão causar prejuizo a saúde dos mais pobres, especialmente aqueles habitantes da zona rural do Polesine, Padovano e Veronese, devido a alimentação com sorgo turco imaturo e de má qualidade, em grande parte, colhidos de terrenos alagados pelas enchentes e aluviões, fazem necessário uma maior vigilância e atenção desta autoridade para prevenir as ameaçadoras doenças que poderão surgir com tais hábitos”. Presume-se que as autoridades venezianas já estavam pensando nesta doença e nas implicações à saúde do povo, quando proibiram o comércio e a moagem de milho deteriorado. As primeiras investigações oficiais que se tem notícias aconteceram em 1805, quanto o Vêneto estava sob o domínio do governo austríaco, as quais exortavam os médicos a fazerem estudos e observações sobre o progresso da doença no departamento de Treviso. Na ocasião eles chegaram a conclusão que a causa da doença era devido a qualidade do alimento ingerido pelas popoluções mais pobres, o que não foi aceito por muitos estudiosos que afirmavam que a etiologia era de origem tóxica. As duas correntes de pensamentos, a carencialista e a toxicológica, dividiram o pensamento dos estudiosos da época até 1883 quando foi criado o primeiro pelagrosário italiano, na cidade de Mogliano Veneto. Em 1935 com o isolamento da chamada vitamina PP (pelagra preventing fator) uma substância que não é assimilável pelo organismo na ausência de niacina, triptofano e vitaminas B2 e B6, todos presentes nas carnes, ovos e leite, ficou finalmente demonstrado a etiologia da pelagra. A pelagra é uma doença causada pela falta de niacina (ácido nicotínico ou vitamina B ou vitamina PP) e ou de aminoácidos essenciais, como o triptofano. A pelagra é uma doença que se apresenta clinicamente com três fases: cutânea, intestinal e nervosa. Atualmente ela é conhecida pelo nome de doença dos 3 D, pelos seus três principais sintomas que começam com a letra D. São eles: na fase inicial Dermatite, com o aparecimento de manchas cor escura na pele, eritema, pele seca e áspera, seguido mais tarde pelo aparecimento de crostas. Na segunda fase aparecem as Diarréias, acompanhadas de sangramento intestinal e vômitos. Na terceira e irreverssível fase aparecem as alterações mentais com alterações da conduta e do comportamento, seguindo para a Demência. Atualmente ela é uma doença pouco comum e os casos de pelagra encontrados estão relacionados especialmente com o alcoolismo crônico.

Fonte:
La Piave Federação Vêneta – Erechim RS
Dr. Luiz Carlos B. Piazzetta

22 de fevereiro de 2009

Emigração Vêneta – A Longa Viagem



Preparativos para Viagem

Tomada a decisão de emigrar e dado o nome ao agente representante de quem promovia a viagem, a providência inicial era conseguir o passaporte, necessário para toda a família e para tanto necessitava de uma declaração obtida junto a prefeitura da sua cidade. Também tinham que providenciar a obrigatória vacina. Eram meses de preparativos com a venda de tudo que não podiam levar consigo. Roupas, objetos de uso pessoal e ferramentas, eram acondicionadas em grandes caixas de madeira: baús, arcas, sacos. Faziam encontros com os que ficavam, oportunidade em que se despediam de amigos e familiares, não esquecendo da obrigatória última visita ao cemitério. Visitavam também o páraco, do qual pediam a benção e a sua interseção para afrontarem a longa travessia. No dia marcado para iniciarem a viagem, com destino ao porto, despediam-se dos familiares e bem cedo partiam banhados em lágrimas, davam uma derradeira e demorada olhada para trás e seguiam confiantes no seu destino. Chegavam a estação ferroviária e junto com tantos outros que lá se encontravam, seguiam para o porto de Gênova. Para a grande maioria esta viagem até a estação ferroviária já se constituia na distância mais longe que se afastaram das suas cidades. A viagem de trem também era deconhecida para muitos o que gerava medo e apreensão. Em cada estação que o trem parava era a mesma cena: dezenas de homens, mulheres e crianças, subiam carregados de bagagens colocadas em malas de papelão, sacos ou baús de madeira. O destino de todos era o Porto de Gênova onde, pela primeira vez, a grande maioria vinha a conhecer o mar.




A espera no Porto

Chegados ao Porto de Gênova, quase sempre, deviam esperar alguns dias, as vezes algumas semanas, pela partida do vapor que os levaria para a tão sonhada terra “della cucagna”, a prometida América. Durante o período de espera da partida, os emigrantes se viam desamparados e eram submetidos a toda sorte de provações, vendo muitas vezes, os seus poucos recursos economizados, delipendiados por uma gama de aproveitadores, especuladores e ladrões. Roubos de passaportes, dinheiro e bagagens eram constantes. O preço dos alimentos e dos albergues na área do porto eram inflacionados, por comerciantes desonestos, causando muita fome e doenças.


A Travessia do Oceano

Chegada a hora do embarque, o movimento intenso e o barulho de vozes, ordens gritadas e apitos, em torno do vapor, deixavam muito nervosos os emigrantes que se amontovam para não perder a chamada. No barco seguiam as ordens recebidas dos marinheiros encarregados e se dirigiam em grupos aos porões fétidos e sufocantes da terceira classe a eles destinados, onde os esperavam catres com palha, onde ficariam amontoados e nenhuma privacidade. Algumas famílias, para não serem dividas, voltavam dos porões e optavam em viajar na coberta do navio, ao descoberto, onde ali, ao menos, se podia viajar juntos e respirar um ar melhor. Estes suportaram frio intenso e calor sufocante, além dos perigos dos fortes ventos durante as tempestades em alto mar. Os navios no início da grande emigração ainda eram lentos e despreparados veleiros. Depois, vieram aqueles com motor a carvão, estes quase sempre navios de carga, adaptados as pressas para transportar pessoas. A situação higiênica a bordo era muito precária, sem nenhum conforto viajavam com muitos animais vivos que viriam a ser abatidos para servirem de alimentação durante a viagem. Sem médico a bordo, o perigo de epidemias era constante e, de fato, inúmeras ocorreram dizimando muitas vidas, quase sempre de crianças e idosos, cujos corpos eram então jogados ao mar, para o horror das suas famílias. A lembrança da grande travessia ficou indelevelmente marcada na memória dos nossos antepassados, persistindo até hoje nas narrativas dos seus descendentes. Foi o episódio mais marcante na vida dos pioneiros.


A Chegada na Terra Prometida

Ao chegarem ao porto de destino, no Brasil, país destino de milhares de emigrantes vênetos, muitos logo perceberam que tinham sido enganados, iludidos por falsas promessas. Alguns chegaram vinculados à contratos de trabalho que não deixavam margens para arrependimentos ou mesmo possibilidades de retorno. Outros, sem meios de subsistência, não podiam se dar ao luxo de retornarem, mesmo porque na terra natal já não possuíam mais nada. Os desafios que deveriam enfrentar eram ainda muito grandes até chegar a tomar posse do tão sonhado pedaço de terra.

Fonte: La Piave FAINORS Federação Vêneta - Erechim RS
Dr. Luiz Carlos B. Piazzetta

20 de fevereiro de 2009

São Marcos Evangelista e Veneza


Judeu de família rica, nascido no século I, provavelmente na Palestina. Foi missionário no Oriente e Roma, onde teria escrito o Evangelho. No ano de 66, da prisão, S. Pedro escrevendo a Timoteo nos fornece as últimas informações a respeito de Marcos, que morreu possivelmente no ano 68, em Alexandria, Egito. Seus restos mortais estavam em uma igreja dessa cidade que foi incendiada pelos árabes no ano de 644 e posteriormente reconstruída pelos Patriarcas da Alexandria até 689. A lenda diz que no ano de 828, neste local, chegaram dois mercadores venezianos, Buono da Malamocco e Rustico da Torcello, que se apoderaram dos restos mortais do Evangelista e os levaram para Veneza, aonde chegaram em 31 de Janeiro de 828. Os despojos de Marcos foram recebidos com grande honra pelo Doge Giustiniano Partecipazio, que era filho de Agnello e sucessor do primeiro doge das ilhas de Rialto. No ano de 832 foi concluída, pelo Doge Giovanni, irmão e sucessor de Giustiniano, a construção de uma basílica para receber definitivamente os restos mortais do santo a qual passou a ser chamada de Basílica de Marcos. No início a esplendida construção em mármore, repleta de ouro e pedras preciosas de todo o Oriente, teve alguns contratempos, tendo sofrido um incêndio no ano de 976, provocado por uma revolta popular contra o Doge Candiano IV, que tinha se refugiado com seu filho dentro da basílica. Na ocasião os revoltosos também, destruíram e incendiaram o vizinho Palazzo Ducale, moradia e sede do governo da Sereníssima República de Veneza. No ano de 976-978, com o seu próprio dinheiro, o Doge Pietro Orseolo I reformou tanto a Basílica como o Palácio Ducal. Mais tarde, no ano de 1063, por ordem do Doge Domenico Contarini I foi dado início a mais uma reforma da Basílica, a qual foi completada pelo seu sucessor Doge Domenico Selvo (1071-1084). No ano de 1071, São Marcos foi escolhido para ser o titular da basílica e patrono da Sereníssima República de Veneza, em substituição a São Teodoro, que até o século XI tinha sido o santo protetor de Veneza. A Basílica foi solenemente consagrada no dia 25 de Abril de 1094 durante o governo do Doge Vitale Falier. Na ocasião, depois da missa celebrada pelo bispo, foram rompidas algumas placas de mármore de uma coluna e encontrada uma caixa com as relíquias. A partir daí a República de Veneza permaneceu indissoluvelmente ligada ao seu patrono, sendo que o seu conhecido símbolo, o Leão Alado, passou a fazer parte do estandarte da Sereníssima República de Veneza, junto os dizeres inscritos no livro: “ Pax tibi Marce, evangelista meus”.



Fonte: La Piave FAINORS Federação Vêneta - Erechim RS
Dr. Luiz Carlos B. Piazzetta

17 de fevereiro de 2009

No scordare dell’aringa affumicata appesa nello spago

Tra i brevi ricordi del Veneto, rimasti fino oggi nella memoria degli emigranti che si conserva ancora con i suoi discendenti troviamo l´episodio dell´aringa affumicata appesa allo spago sopra la tavola nei pranzi. I più vecchi raccontanno l´episodio per confrontare la povertà endemica patitte dalle famiglie venete nel fin´Ottocento e inizio del Novecento con l´abbondanza e benessere attuale. È una forma d´avvertimento ai giovani d´oggi che non sano cosa sia la necessità. Ci raccontano che dovuto le brutte condizioni, la mancanza di proteine e cibi di qualità hanno propiziato una serie di malattie, tra cui la pelagra, che portavano via tanti persone. L´episodio dell´aringa: quando ci si sedeva a tavola si era sempre in tanti da sfamare e il cibo pochissimo. Allora, si appendeva un´aringa affumicata ad uno spago penzolante sopra il tavolo e ai commensali si serviva la polenta. A sua volta ognuno strofinava la propria fetta di polenta calda sull´aringa, in modo che la polenta cambiasse sapore. Altre versioni ci parlano del salame e anche delle ossa per il brodo che faceva strada tra i vicini, ogni giorno faceva il brodo di una famiglia.

Não esquecer do arenque defumado atado em um barbante

Entre as poucas recordações do Vêneto, permanecem até hoje na memória dos emigrantes e que se conserva entre os seus descendentes encontramos o episódio do arenque defumado atado em um barbante sobre a mesa nas refeições. Os mais velhos contam esse episódio para fazer a comparação da pobreza endêmica sofrida pelas famílias vênetas no final do século XIX e início do século XX com a abundância e bem-estar atual. É uma forma de advertimento aos jovens de hoje que não sabem que coisa seja a necessidade. Nos contavam que devido as péssimas condições, a falta de proteinas e alimentos de qualidade propiciaram uma séria de doenças, entre elas a pelagra, que ceifaram a vida de tantas pessoas. O episódio do arenque defumado: quando se sentavam à mesa estavam sempre em muitos para alimentar e a comida era pouquíssima. Então se amarrava um arenque defumado com um barbante e o pendurava por sobre a mesa enquanto se servia a polenta. Cada um a sua vez esfregava a sua fatia de polenta quente no arenque pendurado, de modo que a polenta mudasse de sabor. Outras vesões nos dizem do salame e também do osso para o caldo, que percorria toda a vizinhança, cada dia fazia o “brodo” de uma família.

Fonte: La Piave FAINORS Federação Vêneta - Erechim RS
Dr. Luiz Carlos B. Piazzetta

15 de fevereiro de 2009

Proverbi Veneti Antichi

1. Le perpètue dei preti prima le dise: le galina del prete, po’ le dise, le nostre galine e dopo le dise: le me galine.
2. Se volì vedar el dilùvio universal, metì dòdese preti a tola a disnar.
3. Prete e ebreo no gh’è la difarenza d´un scheo.
4. Vardarse dal vento e dai frati che lassa el convento.
5. Preti e capitèi, caveve ‘l capelo e rispetei.
6. Tuti no pol star a messa darente al prete.
7. Quando el Signor no vol, gnanca l´omo no pol.
8. Confessor vècio, e dotor pì ancor.
9. Sacreti de Dio, sacreti de’ sovrani e malizia de’ vilani, no gh’è nissún che la conossa.
10. Ogni santo mèrita la so candela.
11. Piove le aneme a l´inferno come la neve a l´inverno.
12. No gh’è nissún ladron che no gh’ava la so divozion.
13. Bisogna impissar na candela al diavolo e una a Sant´Antonio.
14. I preti fa boger la pignata co le fiame del purgatorio.
15. I siori g’ha el paradiso de qua, e quel di là se lo comperano.
16. La lontananza l’è fiola de la dimenticanza.
17. Un pare mantien sete fioi, e sete fioi no i ze boni da mantegner un pare.
18. Amor senza barufa, fa la mufa.
19. Putela tropo in strada, perde la strada.
20. Le fémene e le vache bone, no le va mai fora de paese.
21. Amor no fa bogere la pignata.
22. Fà la corte a le vècie se ti vol piaserghe a le zòvene.
23. Dona scompagnada, la ze sempre mal vardada.
24. Se tuti i bechi portasse un lampion, che gran iluminazion...
25. A galina che ghe piase el galo, ghe piase anca el so ponaro.
26. Verze riscaldà e mugér ritornà, no le ze mai bone.
27. La dona va sogeta a quatro malatie a l´ano, e ognuna dura tre mesi.
28. Se ocio no smira, cuor no sospira.
29. Tuti quanti semo mati, per quel buso che semo nati.
30. Ogni fémena è casta, se no l´ha chi la cazza.
31. Amore, tosse e panza no i se sconde.
32. I ledamar vicin de le stale, e le fie maridade lontan da le mare.
33. Caval, putana e persegar, trent´ani no i pol durar.
34. El ze meglio aver i corni in scarsela che in testa.
35. Co’ l caveo tra al bianchin, lassa la dona e tiente al vin.
36. Tosa smemorada, tosa inamorada.
37. Vin vècio e dona zòvene.
38. Na casa senza dona la ze ‘na lanterna seza lume.
39. Se ve piase la fia, coltivè la mare.
40. Vardite da le done co la barba.
41. Tuto quel che s’ha perso se pol ritrovar, ma la mare mai.
42. El tempo, el culo e i siori, i fa tuto quel che i vol lori.
43. A tola no se vien veci.
44. Bisogna menar el dente, conforme uno se sente.
45. Chi no g’ha fame o l’è malà o l´ha magnà.
46. Un pasto magro e un bon, mantien l´omo in ton.
47. Chi magna presto, magna poco.
48. La meio carne la ze quela darente da l’ osso.
49. El vin l`è bon per chi lo sà bèver.
50. El vin fa gambe.
51. El lardo vècio consa la minestra.
52. L´ultimo goto l´è quel che imbriaga.
53. El manzo curto e grosso, e lontan da l´osso.
54. Quando uno el ze imbriago, tuti ghe vol dar da béver.
55. El pèvere le ze picolo, ma pizzica.
56. Chi è vissin a la cusina, magna la minestra calda.
57. Bacalà a la visentina, bom de sera e di matina.
58. El bovolo el ze um pasto fin, bon par el vècio, bon par putin.
59. Anara lessa e bigolo tondo, a la sera contenta el mondo.
60. A l´osteria no vago, ma co ghe son ghe stago.
61. La bota piena no fa rumore.
62. Le bestie se trata da bestie.
63. Caval che varda indrio, el g’ha pova voia d´andar avanti.
64. Sia da cavalo, sia da mulo, sta ter passi lontan dal culo.
65. Co la cavezza se liga i cavai, co la parola i omeni.
66. Chi magna le oche del re, resta sofegà da le pene.
67. Se ciapa pì mosche co una gozza di miele che con una bota de asedo.
68. Chi bastona el so caval bastona la so scarsela.
69. Tagia la coa del can, el resta can.
70. No tocar can che rósega, nè zogador che perde.
71. Col pan se fa balare i can.
72. El galo prima de cantar, el sbate le ale ter volte.
73. De genaro, ogni galina fa gnaro.
74. Da barufe de vilani e da amore de cani starghe lontani.
75. Fioi e colombi sporca le case.
76. Un galo senza cresta el ze um capon, un omo senza barba el ze un coion.
77. Gato serà deventa leon.
78. L´inverno l’è ‘l bioa dei vèci, el purgatorio dei puteleti e l´inferno dei poareti.
79. Aprile e magio i ze la ciave de tuto l´ano.
80. El caligo purga el tempo.
81. Alba rossa, o vento o giozza.
82. Quando el galo canta zo de ora, doman no ze pì ‘l tempo de sta ora.
83. Aqua turbia no fa spècio.
84. Um´ora de bon tempo suga la strada.
85. La piova lenta la ze quela che bagna.Segno in zielo, desgrazie in tera.
86. Ària di finestra, colpo di balestra.No se pol dir bel zorno, se no ze sera.
87. Casa neta e campo sporcà.
88. I campi vizin al laomaro i ze sempre grassi.
89. La scuria salva dal fosso.
90. L´ultimo racolto el ze quel dei mincioni.
91. Tuti i cesti i ga el so mánego.
92. Né can, né vilan no séra mai porta.
93. No lodar ‘l to can da caza, né ‘l to caval, né to mugér.
94. Ramo corto vendema longa.
95. Trer aseni e un vilan fa quatro bèstie.
96. L´inverno se no ‘l mòrsega coi denti, frusta con la coda.
97. Le disgrazie le ze sempre pronte, come tole de le osterie.
98. Co se sta ben, se more.
99. Co poco se vive e co gnente se more.
100. La morte no la ga lunàrio.
101. Co la boca no sbate, le tete no fà late.
102. Cul che caga no ghe oro che lo paga.
103. Mèdego vècio e chirurgo zòvane.
104. El soldo fà soldo.
105. Chi vol vendere mete in mostra.
106. Chi roba se fa siori.
107. Novo paron, nova lege.
108. Chi è senza lume el va in leto a l´orba.
109. I primi a entrar n´tel saco, i ze i ùltimi a vegnir fora.
110. Chi fa la festa no la gode.
111. Venésian gran siori, Padovan gran dotori, Visentin magna gati, Veronesi tutti mati, Udinesi castelani col cognome de Furlani, Trevisan pan e tripe, Rovigoti baco e pipe, Cremaschi fa cogioni; ghe n´è anca pì triste, Bergamaschi brusa-cristi.
112. Chi va drio ai altri, no passa mais avanti.
113. El gobo, el zoto e l´orbo, i ga el diavolo in corpo.

Fonte: Arquivos La Piave FAINORS Federação Vêneta - Erechim RS Brasil
Dr. Luiz Carlos B. Piazzetta

14 de fevereiro de 2009

Talian, o Vêneto Brasileiro - Regras de Acentuação

O Talian é uma língua de comunicação criada no Rio Grande do Sul pelos emigrantes italianos chegados a partir de 1875. Os recem-chegados foram instalados em linhas e travessões das colônias, sem respeitar as suas origens, sua língua e seus usos e costumes, criando evidente problema de entendimento entre eles. Da necessidade de entender-se foi sendo criada uma nova língua de comunicação, muito mais vêneta do que daquelas outras regiões da Itália que também formaram o grande contingente de italianos que aqui chegaram. Como em geral os vênetos representavam a grande maioria dos imigrantes italianos, é compreensível que também a sua forma de falar viesse a ter papel predominante na nova língua, fato que, por outro lado, pode ser comprovado nos locais onde a predominância era, pelo contrário, de lombardos ou friulanos, a predominância das palavras dos seus dialetos se torna evidente no Talian falado nesses locais.

Acentos gráficos no Talian

1- Acento grave (`) se usa para indicar os sons abertos. Ex: fràgola
2- Acento agudo (´) é usado para sinalizar os sons fechados. Ex: doménega

Regra nº1 – Todas as proparoxítonas são acentuadas. Ex.: Véneto, mèrcore, basìlico. Ménego
Regra nº2 – As palavras paroxítonas não são acentuadas, com exceção daquelas terminadas em ditongo crescente. Ex.: orgòlio, calvàrio
Regra nº3 – As palavras oxítonas que terminam com consoante não são acentuadas. Ex.: talian
Regra nº4 – As oxítonas não monossilábicas que terminam em vogal serão acentuadas. Ex: bacalá
Regra nº5 – As palavras monossilábicas só serão acentuadas quando possuirem um homógrafo átono. Ex.: dó (em baixo) de do (dois)

Fonte: Arquivos da La Piave FAINORS Federação Vêneta - Erechim RS
Dr. Luiz Carlos B. Piazzetta

13 de fevereiro de 2009

La Befana


É uma festa que acontece com a Epifania, no dia 6 de Janeiro. O uso de presentes é típico desta festa difusa por quase toda a Itália. A Befana no Vêneto é uma espécie de fada ou bruxa, sempre camarada para as crianças "boas" e comportadas, mas maldosa para aquelas "ruins", que não se comportaram bem durante o ano. Aos primeiros, ela entrega doces, brinquedos ou pequenos presentes, para os outros traz somente carvão. É tradição em vários municípios vênetos que a Befana venha acompanhada de um pequeno burrinho, mas em outros, a lenda diz que ela viria à noite, montada em uma vassoura. Um tempo atrás, antes da introdução da tradição do Papai Noel, para as crianças vênetas, era a Befana que trazia os presentes que elas encontravam na meia ao amanhecer, quando acordavam. As meias eram especialmente penduradas na noite anterior com este objetivo.

Fonte: Arquivos La Piave FAINORS Federação Vêneta - Erechim RS
Dr. Luiz Carlos B. Piazzetta

12 de fevereiro de 2009

Batalha de Lepanto


Em 1570 o grande Império Otomano estava em franca expansão, ganhando cada vez mais terreno, se apoderando de privilegiadas posições Venezianas ao longo do Mediterraneo oriental após inúmeras vitórias contra as forças ocidentais. A Batalha de Lepanto, considerada um dos maiores encontros bélicos navais ocorridos naquelas águas, teve a finalidade de impedir o avanço dos turcos que já ameaçavam invadir o ocidente, impondo suas leis e religião, ao mesmo tempo em que estavam contrariando os interesses econômicos das potencias ocidentais da época. Para enfrentar o eminente perigo, e Veneza era sem dúvida o Estado mais ameaçado de invasão, foi criada, com a ajuda do Papa Inocêncio III, uma Liga de Nações, que recebeu o nome de Liga Santa, formada pela Sereníssima República de Veneza, reino da Espanha, de Genova, Lucca, Genova, os Gonzaga de Mantova, os Estensi de Ferrara, os Della Rovere de Urbino, o duque de Savoia, o granduque de Toscana, os Cavaleiros de Malta e o Papado. As despesas foram divididadas em seis partes: três a cargo da Espanha, duas de Veneza e uma do Papa. Foi assim reunida uma grande armada, com mais de 200 navios, sendo que somente a Sereníssima República de Veneza participou com uma frota de 105 navios de guerra, construídos em seu famoso Arsenal. Entre esses navios, participou da batalha a chamada Galeaça Veneziana, nova embarcação guerra até então desconhecida, construída em segredo e que possuía um castelo de proa redondo equipado com 9 canhões dispostos em círculo, com área de tiro de 360º, além dos outros quase 30 fixados lateralmente na embarcação, o que a tornava muito eficaz em encontros a curta distância, apesar de ser uma embarcação lenta. Ela foi um dos fatores decisivos para a vitória da Liga Santa. A frota turca era formada por mais de 230 navios de guerra. As duas armadas se enfrentaram em batalha na manhã do dia 07 de Outubro de 1571, nas águas da ilha de Lepanto, na Grécia, e durou aproximadamente 4 horas. A Batalha de Lepanto foi a mais memorável vitória militar de Veneza, e o dia passou a ser feriado. Ela marcou o fim da potência marítima otomana. Essa vitória das forças da Liga Santa é considera um importante marco que mudou o rumo da história.

Fonte: Arquivos da La Piave FAINORS Federação Vêneta - Erechim RS
Dr. Luiz Carlos B. Piazzetta

Lessiòn de Vèneto

PRIMA LEZIONE

Il vèneto è parlato sotto forma di diverse varianti (veneziano, veronese, trevigiano, feltrino-bellunese, padovano-vicentino-polesano detto veneto centrale, e fuori dal Veneto) ma ha delle strutture comuni. E` quindi possibile raggiungere una lingua unitaria scritta lasciando vive le diverse varianti di pronuncia. Anche se, è bene notarlo, alcune variazioni di pronuncia si riflettono sulla grammatica (per esempio i plurali o i verbi)…

Dove è possibile le pronuncie vengono unificate con un’unica grafia, dove non è possibile si opereranno delle scelte ma l’importante è: 1) non usare lettere che favoriscono la pronuncia errata italianizzante dei giovani ; 2) Se si fanno delle scelte, seguire un procedimento democratico (legge della maggioranza) o basato sull’autorità della storia; 3) Non scrivere in modo troppo complicato ma, nei limiti dell’unificazione, usare una grafia regolare che possa essere facilmente imparata anche da chi non conosce il veneto in modo che sia più facile diffonderlo.

L-tajà: Ł, £ = L-normale oppure E-breve o muta (suono evanescente).
Ła ba£a (pronuncia /la bala/ oppure /’a baea/) = la palla
Łe sca£e (pronuncia /le scale/ oppure /’e scae/) = le scale
El co£or (pronuncia /el colór/ oppure /el coeór/) = il colore
Łóre (pronuncia /lóre/ oppure /eóre/) = esse, loro (femm.)
Łigo (pronuncia /ligo/ oppure /’igo/) = lego, allaccio

Questa lettera unifica due diverse pronuncie (la prima è veronese e feltrino-bellunese o rustica) e inoltre ha il pregio di risolvere parecchi casi di ambiguità anche quando non viene pronunciata. Ad esempio:

ba£i (=balli) rispetto a bai (=vermi,insetti)
scó£e (=scuole) rispetto a scóe (=scope)
cava£i (=cavalli) rispetto a cavài (=tolti)
anima£i (=animali) rispetto a animài (=animati)
va£e (=valle) rispetto a vae (sinonimo di vaga= che vada)
corte£o (=coltello) rispetto a corteo (=corteo)
mìsi£e (=missile) rispetto a misie (congiunt. di misiar=mescoli)

Questi sono solo alcuni esempi per spiegare l’utilità di questo simbolo (che è usato, con scopi diversi, anche in polacco).

Un altro simbolo che unifica a livello scritto due varianti di pronuncia è:

J: = i-breve oppure gi (pronuncia veneziana).
ojo (pronuncia /oio/ oppure /ogio/) = olio
maravéja (pronuncia /maravéia/ oppure /maravégia/) = meraviglia
bóje (pronuncia /bóie/ oppure /bógie/) = bolle, bollono


Ricordiamo, infine un’altra regola fondamentale delle Parlade Vènete Unificàe:

O, E finali: si leggono oppure sono mute (pronuncia feltrino-bellunese)

tenpo (pronuncia /tenp(o)/) = tempo
toco (pronuncia /tòc(o)/) = pezzo
sente (pronuncia /sent(e)/) = sente, sentono
mónte (pronuncia /mónt(e)/) = monte

In una grafia unitaria è corretto scrivere queste vocali perché esse si usano in quasi tutte le varianti, però a livello di pronuncia è altrettanto lecito lasciarle anche mute rispettando il feltrino

SECONDA LEZIONE

Altre lettere con doppia pronuncia sono S / X ma il loro utilizzo è comunque molto regolare perché ogni lettera ha un suono (ed eventualmente una variante). Ricordiamo che l’uso della lettera Z tende notevolmente a rafforzare gli errori di pronuncia dei giovani, che la leggono all’italiana oppure come la Z spagnola anche quando in realtà è usata per rappresentare il suono ‘dh’.

S: sempre come in spagnolo = Ss italiana di “rossa”.
Zs: = Ss italiana di “rossa” oppure =TH inglese.
Pasar (pronuncia /passàr/ ) = passare
Baso (pronuncia /basso/ ) = basso
Masa (pronuncia /massa/ ) = troppo
Piazsa (pronuncia /piassa/ oppure /piatha/) = piazza
Giazso (pronuncia /giasso/ oppure /giatho/) = ghiaccio
Senzsa (pronuncia /sensa/ oppure /sentha/) = senza
Mése (pronuncia /mésse/ ) = messe
Rósa (pronuncia /róssa/ ) = rossa
Verso (pronuncia /vèrso/ ) = verso
Sente (pronuncia /sente/ ) = sente
Se (pronuncia /se/) = se
Sórso (pronuncia /sórso/) = sorso

X: sempre come portog. “exemplo” = S ital. di “rosa” anche in inizio di parola.
Zx: come portog. “exemplo” = S ital. di “rosa” oppure =DH inglese.
Roxa (pronuncia /ròsa/ ) = rosa
Mezxe (pronuncia /mèse/ oppure /mèdhe/) = mezze
Méxe (pronuncia /mése/) = mese
Baxo (pronuncia /baso/ ) = bacio
Caxa (pronuncia /casa/ ) = casa
Pianzxe (pronuncia /pianse/ oppure /piandhe/) = piange, piangono
Verzxo (pronuncia /vèrso/ oppure /vèrdho/) = apro
Zxente (pronuncia /sent(e)/ oppure /dhent(e)/) = gente
Xe (pronuncia /sè/) = è, sono
Sórxo (pronuncia /sórso/) = topo (anche sórxe)

In pratica i gruppi ZS,ZX rappresentano le versioni "a doppia pronuncia" delle corrispondenti lettere S/X.
Il gruppo Zs rappresenta lo stesso suono di S quando esso ha anche l'alternativa interdentale TH.
Il gruppo Zx rappresenta lo stesso suono di X (S-sonora) quando esso ha anche l'alternativa interdentale DH.

Attenzione: le parole pasion, mision, sesion ecc… hanno una sola pronuncia e si distinguono da quelle come nazsion, azsion, direzsion, sezsion… che hanno due pronuncie. Per esempio:

Sesion (pronuncia /sessión/ ) = sessione
Tension (pronuncia /tenssión/) = tensione
Atenzsion (pronuncia /atenssión, atenthión/ ) = attenzione
Sezsion (pronuncia /sessión, sethión/ ) = sezione
Pasion (pronuncia /passión/ come in spagn.) = passione
Azsion (pronuncia /assión, athión/ ) = azione
Le parole ocaxion, desixion, invaxion e quelle in –vixion sono regolarmente con X (=s sonora italiana)

TERZA LEZIONE

-L, -R finali: sono pronunciate come sono scritte oppure seguite da vocale (veneto centrale)

Dotor (pronuncia /dotór(e)/) = dottore
Vardar (pronuncia /vardàr(e)/) = guardare, osservare
Parol (pronuncia /paról(o)/ [o paróeo] ) = paiuolo, pentolone
…In una grafia unitaria è giusto scrivere –L , –R finali perché questa è la pronuncia della maggioranza delle varianti, ma nel parlato niente vieta di aggiungere la vocale come nel veneto centrale.

In fine, ricordiamo che il veneto ha un altro gruppo di suoni che non esiste in italiano: s + ci, s + ce che si pronunciano separati e non “sci, sce” all’italiana…

S-c , s·c: si pronunciano sempre separate

S-cioco , s·cioco (pronuncia /s.ciòc(o)/ ) = schiocco, scoppio
Fis-ciar, fis·ciar (pronuncia /fis.ciàr(e)/ ) = fischiare
Mas-cio, mas·cio (pronuncia /mas.cio/ ) = maiale

Chiarito l’uso delle lettere passiamo a vedere le regole di accentuazione: per una lingua come il veneto, spesso distorta dai presentatori in Tv e poco conosciuta fuori dalle nostre zone, è molto importante l’uso degli accenti perché permette una corretta pronuncia anche a chi non la conosce.

1) L’accento non si segna sulle parole che finiscono in consonante: infatti cade automaticamente sull’ultima vocale ed è quasi sempre chiuso: paron (pron. /parón/) , saver (pron. /savér/) , parol (pron. /paról/) , cantar (pron. /cantàr/) …
2) L’accento si segna in penultima posizione solo su ó-chiusa ed é-chiusa: sóto (pron. /sóto/ =sotto) ma soto (pron. /sòto/ =zoppo) ; bóta (pron. /bóta/ =botte) ma bota (pron. /bòta/=botta) ; méxe (pron. /mése/ =mese) ma mexe (pron. /mèse/ , /mèdhe/ =mezze) ; e così via… néto, nóvo, famóxa, péro, cavéjo…
3) Si segna sempre in tutte le altre posizioni: àsido, òstrega, tiènte£o, invìtene, metarò, finìo, savùo, pòrtene£o, partìi, sentìa, segretarìa (=segreteria) diverso da segretaria (=segretaria)…
4) Non si segna sugli avverbi in –mente e su alcune parole di uso molto frequente: normalmente (pron. /normalménte/) , stranamente (pron./stranaménte/)… questo, que£o, fora, insieme, come…

N.B.: sarebbe consigliabile scrivere con qû- le seguenti parole per indicare le diverse pronuncie che esse hanno: qûel (=kél, kuél) , qûesta (=késta, kuésta) , qûe£e (=kéle/kee, kuéle/kuée) , qûi (=kì/kuì) etc… Se non si ha il simbolo "û" esse si possono scrivere con q-: qel (=kél, kuél) ; qe£e (=kéle/kee, kuéle/kuée) e anche qûi (=kì/kuì) che ha un significato diverso da "chi/ci"…

Infine, notiamo che l’accento serve anche a distinguere alcune parole simili che hanno però significato diverso:

a) so (=io so) è diverso da so’ (=io sono) e diverso da só (=suo/a/oi/e)

b) me (=mi) è diverso da mé (=mio/a/ei/e)
“me pare = mi pare,sembra” mentre “mé pare = mio padre”
“£a me domanda = (lei) mi domanda” mentre “£a mé domanda = la mia domanda”

c) to! (con o-aperta =eccoti!) è diverso da to’ (=prendi!) e diverso da tó (=tuo/a/oi/e)

d) dighe (=dighe) , dìghe (=digli,dille, di’ a loro) ; dame (=dame) , dàme (=dammi)
fame (=fame) , fàme (=fammi) ; porte£a (=sportello, porta) , portè£a (=portàtela)
jùtene (=aiutaci) , jutène (=aiutateci) ; scólteme (=ascoltami) , scoltème (=ascoltatemi)…

QUARTA LEZIONE

Abbiamo visto che, per la legge della maggioranza, è più giusto scrivere dotor, sentir, fiol, parol ecc... anche se poi nella pronuncia si può aggiungere una vocale. Per lo stesso principio abbiamo visto che in una lingua scritta unitaria è meglio usare forme come mónte, toco, tenpo, el sente ecc… anche se poi nella pronuncia le vocali finali possono essere tralasciate.

Ma i plurali di questi nomi come si fanno? E anche i verbi presentano voci “ambigue”, come vedremo.
Cosa fare? Purtroppo, questi sono due casi in cui le diverse parlate venete variano molto. Consideriamo le parlate genuine (e non lo pseudoveneto di città, che in realtà è italiano travestito da veneto).

Guardate qua:

a) Veronese-Venez.(-Trevig.meridion.) : el mónte à (plur.) i mónti ; el ségno à (plur.) i ségni
b) Feltr-Bellun. (Trevig. settentr.) : el mónt à (plur.) i mónt ; el ségn à (plur.) i ségn ; (paronàparogn…)
c) Padov-Vicent-Polesano (parte del Veron., asolano, gradese) : el mónte à i munti ; el ségno à i signi

A questo punto, almeno a livello scritto, sarebbe più giusto scegliere le ultime forme. (tra l’altro anche alcune zone del bellunese hanno paronà parui…). Sono forme che si presentano un po’ in tutto il territorio veneto anche se “a macchia di leopardo”


E anche nei verbi c’è una situazione simile:

a) Venez.-Trevig. : el sente à ti sente (te sente) ; el véde à ti véde (te véde)
b) Veron. : el sente à te senti ; el véde à te vedi
c) Feltr-Bellun.-(Trevig.settentr.) : el sent à te sent (tu sent) ; el vét (el véd) à te vet (te véd)
d) Padov-Vicent-Poles. (parte del Veron., asolano, gradese) : el sente à te sinti ; el véde à te vidi

Come vedete, se cerchiamo le forme autentiche delle varie zone, sarebbe più giusto scegliere le ultime forme a livello di scrittura unitaria. Poi parlando, ognuno è libero di fare quel che vuole.

Quindi, riassumendo, ecco cosa fare in questi casi:
ó-chiusa in penult. posiz. (-o in ultima) à -u: el mónteà i munti, el paronà i paruni, el fiolà i fiu£i… ma el tocoà i tochi, l’ortoà i orti, el moroà i mori…
é-chiusa in penult. posiz. à -i: el ségnoà i signi, el sécioà i sici, el védeà te vidi, nétoà niti…
ma el trenà i treni, el piaxerà i piaxeri, el perdeà te perdi…
combinazione -o-ó à -u-u: el moróxoà i muruxi, el dotorà i duturi
combinazione -o-é à -u-i: l’argoméntoà i arguminti, el moméntoà i muminti, movéaà te muvivi


Ricordiamoci poi, che i nomi femminili in ­­–e restano invariati al plurale (anche se i giovani che parlano l’italiano tendono a fare confusione facendo anche il plurale veneto in –i). Quindi:

na ciave à dó ciave (non “ciavi” che è italianeggiante)
£a nave à £e nave (non “navi” che è italianeggiante)
£a fòrbexe à £e fòrbexe
na straje à £e straje
ecc…

mentre: na vocalà dó voca£i ; £a nathionalà £e nathiona£i ; el/£a cantante à i/£e cantanti, ecc… perché terminano in consonante (-l) oppure non sono nomi prettamente femminili ma misti (cioè masch/femm)

QUINTA LEZIONE

Ormai siamo alla fine, restano da vedere alcune forme verbali e poi le principali regole di unificazione sono terminate. Abbiamo visto le forme del tipo: el movéa à te muvivi , el savéaà te savivi e ovviamente quelle analoghe che movése à che te muvisi, che ’l savéseà che te savisi ecc…

Guardiamo ora i futuri:

Veron.-Padov-Vicent-Polesano: el cantarà à te cantarè
Venez.-Trevig.-Bellun.: el cantarà à ti cantarà (tu cantarà/te cantarà)

In questo caso per la legge della maggioranza scegliamo le prime forme: te cantarè, te pensarè, te savarè, te finirè ecc…escludendo il veneto nord-orientale.


Analogamente tra le seguenti forme:

Veronese-Venez-Trevig-Bellun: (voaltri) cantarè, canterè
Padov-Vicent-Polesano (=veneto centr.): (voaltri) cantarì

In questo caso il veneto centrale risulta in minoranza quindi si sceglieranno le forme (voaltri) cantarè, savarè, finirè ecc…


Ora i principali punti di disaccordo tra le diverse varianti venete sono unificati, le restanti variazioni minori possono essere accettate contemporaneamente e saranno il tempo e l’uso a decidere quali diventeranno più “ufficiali” e quali saranno escluse. Per il momento non ha senso decidere un’unificazione nei minimi dettagli…anche perché molte lingue, come inglese e spagnolo presentano doppie forme verbali e questo non vuol dire che non siano lingue unitarie (pensiamo a it is->it’s , I have -> I’ve , He would go -> He’d go oppure spagnolo fuera -> fuese , cantara -> cantase , cantáramos -> cantásemos ecc…)

Fonte: Arquivos da La Piave FAINORS Federação Vêneta - Erechim RS